Coloro che sono stati illegittimamente segnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia ritengono – per ciò solo – di avere diritto ad un risarcimento del danno, quale ristoro per la patita lesione all’immagine e alla reputazione.
Tale tipo di interpretazione vorrebbe sostenere che il danno non patrimoniale sarebbe in re ipsa nella semplice circostanza della illegittimità della suddetta segnalazione.
Seppure vi siano delle Corti di merito che aderiscono a tale tipo di interpretazione, l’indirizzo prevalente della Corte di Cassazione va in direzione opposta. La Suprema Corte ha ribadito che la segnalazione alla Centrale Rischi – pur rientrando fra quelle attività pericolose ex art. 2050 c.c. – non darebbe luogo ad una sorta di responsabilità oggettiva della banca segnalante. Secondo il Supremo Collegio, infatti, è sempre necessario provvedere alla prova del danno in concreto patito per via della segnalazione illegittima, nonché del nesso eziologico che lo ricollega alla segnalazione in questione.
Le SS.UU. hanno avuto modo di sottolineare già nel lontano 2008 (Cass. SS. UU. 11/11/2008 n. 26972) che la tesi del danno in re ipsa svuoterebbe la funzione del risarcimento, il quale verrebbe concesso non in seguito all’effettivo accertamento del danno, bensì come pena privata per un comportamento lesivo. Al più, continuano le SSUU, potrebbe ammettersi che non il danno ma la sua prova potrebbe in un certo qual modo ritenersi in re ipsa per via delle agevolazioni derivanti dall’applicazione del meccanismo presuntivo.
Tale posizione è stata di nuovo, recentemente, ribadita dalla Cassazione con l’ordinanza n. 3133/20020 pubblicata in data 10/02/2020 e richiamata nel titolo.
Avv. Antonio Domenico Marelli